giovedì 31 maggio 2018

Auguri, mamma!

E l’aria è dolce, è tiepida nel sole
di questo giorno, l’ultimo di un mese
così particolare che non vuole
passare tra le nuvole sospese


all’azzurro del cielo, tra le aiuole
fresche di verde tenero, riaccese
di fiori, in cui non trovo le parole
per esprimere, semplici, sorprese,


quello che vorrei dirti, quel che sento,
mamma, per la tua festa, quel che spero
tu possa percepire ogni momento


da ogni silenzio, da ogni mio pensiero,
da ogni breve sorriso, a volte spento,
che io ti voglio bene per davvero.


Casalecchio di Reno (Bologna), 31 maggio 2018


Non so, qualche anno fa non mi pareva che ci tenesse così tanto, ma forse ero io a essere più distratto di adesso. Eppure, la mia mamma, che oggi compie gli anni, ha organizzato la sua festa, chiamando gli amici e preparando un ottimo pranzo. In fondo è bello festeggiare insieme, condividere qualche cosa di sé con gli altri. Intendiamoci: mica chissà che, qualche cosa di semplice, ma autentico, vero, che esprima sul serio un sentimento e la voglia di stare insieme. Il resto mi parrebbe, e le parrebbe, solo ostentazione. Io che sono un po' più timido le ho detto semplicemente «auguri», ma auguri di cuore, questa mattina, appena sveglio. Poi naturalmente un sacco di telefonate per onorare un giorno speciale. Mia nipote, poi, la figlia di mio fratello, le ha regalato una rosa (mi ci sono fatto fotografare pure io, in posa ovviamente) e le ha scritto un pensiero molto comovente, così dolce che la mamma si è messa a piangere. Insomma, come non si fa a voler bene alla mamma? A mano a mano che si cresce il sentimento evolve in qualche cosa che è difficilissimo da esprimere «per verba», ma forse si può riassumere in questo: mamma, ti voglio veramente bene.

Copyright testi e foto (C) Federico Cinti 2018

martedì 29 maggio 2018

E l'aquilone

Poesia, solo poesia, rievocazione
nell’anima di un’epoca del cuore
lontana ormai, di dolci cose buone
di cui non si sa più, per cui si muore


di nostalgia, di trepida emozione
tra gli stanchi ventricoli del cuore,
nell’azzurro in cui vola l’aquilone
della mia fantasia, simile a un fiore


fuggito anch’esso non si sa più dove,
non si sa come, sulle trite note
del vento, della pioggia quando piove,


per le vie solitarie, ombrose, vuote,
mentre anch’io volo, già mi sento altrove,
assieme a perse immagini remote.


Casalecchio di Reno (Bologna), 23 maggio 2018





Mi avevano invitato, qualche tempo fa, a inaugurare la personale di Clarissa Falcone, un'ottima pittrice che, purtroppo, da non molti anni è mancata, lasciandoci tuttavia un vero e proprio tesoro artistico. Assieme a me vi era un'eccellente chitarrista, Galia Mastromatteo, e quindi è come se le varie arti dialogassero tra loro in modo mirabile, ma soprattutto naturale, come sempre sarebbe auspicabile che fosse. Tra le varie poesie che ho letto (di Palazzeschi, di Montale, di Quasimodo), non ho potuto non leggere "L'aquilone" di Giovanni Pascoli. E la mia sorpresa è stata grande quando mi sono accorto che molti, sottovoce, la ripetevano assieme a me; addirittura diverse persone mi hanno ringraziato quasi commosse per aver fatto rivivere loro un po' della loro infanzia, quando ancora a scuola s'imparavano a memoria alcune poesie. E non è un esercizio sterile o semplicemente mnemonico; anzi, è acquisire un patrimonio che mai verrà tolto, «un possesso per sempre» per citare lo storico greco Tucidide, anche se costui parlava della storia. Beh, sì, in fondo è poi la storia personale di ciascuno di noi. Ecco, questo è uno dei motivi per cui mi è piaciuto riproporla nella mia lettura. Sì, lo so che Leonardo Ventura, il mio amico ed ex-studente attore, bontà sua, mi farà le pulci, perché in lui vive ancora una sorta di rivalsa per l'inversione dei ruoli (oh, intendiamoci, solo in questo caso), ma fa lo stesso, perché la poesia in questione è capace ancora e sempre di commuovermi, e non solo me a quanto pare. Non so, mi è venuto naturale citare Giovannino Guareschi in quel «poesia, solo poesia», espressione che usa in un racconto, intitolato "Menelik" e appartenente a "Don Camillo e il suo gregge" (Milano, 1953). Già, la sua riflessione mi pare che valga anche per "L'aquilone", non solo per la "Cavalla storna", che cita nel suddetto racconto (anche Menelik infatti è il cavallo fedelissimo e protagonista del racconto). Guareschi così scrive, in conclusione di "Menelik": «Menelik era nero come la notte e immobile come fosse di pietra. Ad un tratto nitrì e, più che un nitrito, pareva un singhiozzo. Ma era poesia, solo poesia e don Camillo scoppiò a piangere come s'era messo a piangere quando, ragazzo, aveva letto l'ultimo verso della Cavallina storna. Poesia, solo poesia». Ecco, questo racconto in cui si parla della fedeltà assoluta del cavallo Menelik tutte le volte che lo leggo mi fa piangere... invito ad andarlo a leggere, perché è di una delicatezza che solo Guareschi può avere. Già, la "Cavalla storna": prima o poi bisogna che io legga pure questa poesia.

Copyright testi e video (C) Federico Cinti 2018



lunedì 28 maggio 2018

Il coro della parrocchia di Santa Croce

È questo il nostro coro sgangherato
e questi siamo noi, che abbiamo detto
sì a Chi nel suo mistero ci ha chiamato
a un servizio di certo non perfetto,

ma svolto in gratitudine, prestato
in umiltà e letizia con rispetto,
come atto di preghiera a lui innalzato,
offerto come incenso al suo cospetto, 

e doniamo così la nostra voce
per cantare le lodi del Signore,
che salva il mondo intero con la croce

e cambia in gioia vera ogni dolore
di questa vita spesse volte atroce,
se a lui apriamo con fiducia il cuore.
Casalecchio di Reno (Bologna), 29 maggio 2018



Per il Natale del 2015 volli regalare al coro della parrocchia di Santa Croce, dove canto ormai da una vita, un libercolo, intitolato "Anima e coro", in cui facevo d'ogni corista il ritratto, ovviamente in forma di sonetto. Poi, avevo aggiunto il parroco, il direttore, l'organista e, perché tutto fosse perfetto, una caricatura di ognuno. Ora, va da sé che la caricatura non l'ho potuta fare io, e per due ragioni fondamentali: la prima è che, non vedendoci, sarebbe stato difficile ricostruire la fisionomia esteriore; in secondo luogo, anche se non è trascurabile, non ho mai avuto una vena artistica per le discipline come il disegno o il ritratto, anche quando potevo intravedere qualche cosa. Mi sono quindi affidato all'arte di un'amica, Martina, che ha egregiamente svolto il suo compito. Il ritratto interiore, invece, l'anima della persona, quella sì che l'ho fatta io e ne vado pure molto fiero. Ecco, adesso tengo quel libercolo come un piccolo tesoro, perché qualche cantore ci ha purtroppo salutato e veglia su di noi dal più grande coro del Cielo. Sì, è vero, in questi anni il mio stile è un po' cambiato; ma la genuinità di quei ritratti non è certo venuta meno. E oggi, rileggendo l'epilogo, che è poi la poesia che ripropongo adesso, non ho trovato quasi nulla da aggiungere o togliere, perché il nostro coro svolge con serena letizia il suo servizio liturgico ed è sempre grato dei piccoli risultati che, di giorno in giorno, ottiene. Le prove sono veramente i nostri esercizi spirituali, perché chi canta bene canta poi due volte.

Copyright (C) Federico Cinti 2018
Immagini: Disegni di MF, Federico e Giovanna

Auguri a Giovanna

Il tempo e la sua ruggine non hanno
alterato il carattere o scalfito
lo smalto che Giovanna, d’anno in anno,
continua a conservare all’infinito,


almeno pare, salvo qualche affanno
o qualche acciacco prima mai sentito,
anche se oggi festeggia il compleanno
con uno sguardo quasi sbigottito


per il numero tondo ormai toccato
che le sembra impossibile, non vero,
mentre di grazie carico è passato


all’indicibile ombra del Mistero
coi compagni di viaggio che ha incontrato
e le stanno vicino sul sentiero.


Casalecchio di Reno (Bologna), 27 maggio 2018



Eh già, il 27 maggio è denso di ricorrenze cui è bello prestare un po' d'attenzione. Certo, quest'anno abbiamo avuto il Rosario solenne, che ha reso questo giorno molto importante, ma in generale i compleanni sono un momento di grande calore umano. Ecco perché ho voluto scrivere qualche cosa a una delle nostre coriste, Giovanna, che - veramente posso dire - conosco da una vita. Sì, è una di quelle presenze che ci sono da sempre e di cui non si può fare a meno. Un augurio ben fatto se l'è proprio meritato. Del resto, ci si vede spesso in giro, soprattutto il giovedì mattina, alla spesa, dal fruttivendolo del mercato, dove si fa la gara a essere primi... oh, cose da nulla, ma in verità che costruiscono a poco a poco i ricordi e i riti di un modo di essere e di vivere gli stessi momenti e gli stessi ambienti. In una parola, posso dire che è ciò che rende commovente la condivisione di uno stare insieme, certo non per merito nostro, ma che accomuna misteriosamente tra loro le persone. E pure di questo, sì, come di tutto, dobbiamo essere grati.

Copyright (C) Federico Cinti 2018
Immagine: Photo by Alvaro Reyes on Unsplash

domenica 27 maggio 2018

Nella Domenica della Trinità

Immensa Trinità, Dio in tre persone,
unità profondissima d’amore
senza limiti, eterna comunione
nell’unica sostanza che non muore

non soggetta com’è alla corruzione
della realtà sensibile, Signore
triplice e uno, somma compassione
di chi ti ha aperto fiducioso il cuore,

tu sei Padre, sorgente della vita
degli uomini, di tutto il mondo intero,
tu sei il figlio Unigenito, infinita

verità, buon pastore sul sentiero,
sei lo Spirito Santo, che ci addita
consolandoci il senso del Mistero.

Casalecchio di Reno (Bologna), 27 maggio 2018



La Trinità è il mistero dei misteri, ma soprattutto è un mistero d'amore, quello che lega Padre, Figlio e Spirito Santo. Molto di più da dire non trovo per riflettere un po' sul tema cui la domenica odierna ci pone innanzi. Come racconta il Vangelo di Matteo, Gesù manda i suoi Apostoli, i vuoi inviati, a portare il lieto annuncio a tutte le nazioni del mondo e a battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ecco, questo è il segno più bello e significativo che possediamo, quello che chiamiamo il segno della croce, ma che è l'invocazione costante della Trinità su di noi: è il segno della benedizione, della nostra benedizione, è il segno in cui ci riconosciamo salvati e redenti. Nella Trinità tutto si compie e tutto si realizza. Nel Credo, che tutte le domeniche recitiamo, ribadiamo questa somma verità. E allora davvero dobbiamo essere felici di essere stati messi a parte da Gesù, che ci ha rivelato, per quanto possiamo comprendere, di questa essenza di Dio, diversamente impossibile da conoscere. 

Copyright (C) Federico Cinti 2018
Immagine: Icona con i tre angeli ospitati da Abramo a Mambre, allegoria della Trinità. Opera del monaco-pittore russo Andrej Rublëv (1360-1427). Wikipedia



A Marco per il compleanno

Nella musica Marco ha il suo tesoro
più grande, un desiderio avuto in dono
per la sua sete, simile al ristoro
del cervo alle acque limpide, al cui suono


sente aprirsi nell’anima quel coro
celeste così vero, così buono
che vale più di tutto, più dell’oro,
dell’oro fino, in cui trova il perdono


di quest’umana, fragile stanchezza
che cade addosso, spesso, come un danno
lungo la via tortuosa dell’asprezza,


in essa si raffina d’anno in anno
e aumenta in sé e negli altri la certezza
anche oggi che festeggia il compleanno.


Casalecchio di Reno (Bologna), 27 maggio 2018





Il 27 maggio è stato il gran giorno del Rosario solenne: erano mesi che ci si preparava, perché in fondo le prove di canto sono un po' i nostri esercizi spirituali. Sì, il nostro è un coro liturgico, che presta servizio, e nel canto trova la sua espressione di fede più adeguata. Ecco, il 27 maggio è anche il compleanno di Marco, il direttore che ormai da una ventina d'anni, molto pazientemente ci dirige. Anch'egli ama molto la musica e, di volta in volta, ci propone brani nuovi, brani appartenenti alla bimillenaria storia della Chiesa, che è la nostra storia. E in vent'anni abbiamo accumulato un repertorio niente male e altro, mi auguro, ne accumuleremo, se ci sarà data la grazia di continuare insieme questo percorso. Comunque, ecco il pensiero che ho voluto regalargli.

Copyright foto e testi (C) Federico Cinti 2018

venerdì 25 maggio 2018

Il nostro rosario solenne. Una poesia e un invito

Nel mese in cui fioriscono le rose
come dono d’eterna primavera
al mondo che rinasce tra le cose
nuove in una realtà autentica, vera,


nel tempo in cui diventano più ariose
le giornate, più limpida la sera
e le ore quasi meno frettolose,
doniamo i nostri fiori di preghiera


alla Vergine madre nel cui viso
risplende sempre la dolcezza buona,
anticipo già qui del Paradiso,


di chi benigna vede, ama, perdona,
doniamo i nostri canti col sorriso
grato e in mano teniamo la corona.


Casalecchio di Reno (Bologna), 25 maggio 2018

Ci tengo a fare un invito: domenica 27 maggio, alle ore 21, presso la chiesa parrocchiale di Santa Croce, a Casalecchio di Reno (Bologna), in via Carracci 20, il coro in cui canto propone a Maria un Rosario solenne, a conclusione del mese di maggio, che la devozione popolare dedica alla Vergine, rosa di quel mistico giardino che è il Paradiso. Noi, nel nostro piccolo, nel piccolo del nostro coro intendo dire, offriamo una corona di canti e Avemarie a colei che da tutti è invocata «Auxilium Christianorum», ovverossia «aiuto dei cristiani». Insomma, mettiamo a disposizione la nostra povera voce a un mistero grandissimo, che ci abbraccia tutti amorevolmente. No, non è un concerto, perché non ci interessa metterci in mostra: è un gesto di preghiera e di meditazione, che ripropone canti appartenenti a diverse epoche e sensibilità, ma uniti tutti nel fervore orante di chi è stato visitato dalla grazia materna della Madre del Salvatore. Tutta la storia bimillenaria della chiesa altro non è che una testimonianza della fede incorruttibile, conservata di generazione in generazione, e sempre viva e presente. Per questo mi piacerebbe che tutti coloro che leggono questo mio invito potessero partecipare al nostro Rosario solenne, per condividere insieme un'ora assieme a Maria, «Mater Ecclesiae».

Copyright (C) Federico Cinti 2018

giovedì 24 maggio 2018

Inno ad Afrodite

fr. 1
Te, immortale Afrodite, dal bel trono,
figlia di Zeus, che ordisci inganni, prego:
con ansie e con angosce non fiaccarmi,
signora, il cuore,

ma qui vieni, se un tempo la mia voce
udita di lontano mi esaudisti;
lasciando la paterna casa d’oro,
venisti sul tuo

carro aggiogato: bei passeri svelti
ti portavano sulla nera terra
fitte battendo le ali giù dal cielo
in mezzo all’aria;

arrivarono in fretta, e tu, beata,
sorridendo nel tuo volto immortale,
chiedesti che di nuovo io mai patissi,
perché di nuovo

chiamassi, che mai dentro il cuore folle
soprattutto bramassi: «Chi di nuovo…
persuaderò al tuo amore, chi, o
Saffo, ti offende?

Se infatti fugge, lei inseguirà presto,
se doni non accetta, ne darà anzi,
e se non ama, lei amerà presto,
pur contro voglia».

Anche ora vieni a me, sciogli i tormenti
Penosi e compi quanto il cuore brama
Che si compia per me, e sii tu proprio
la mia alleata.


ποικιλόθρον' ἀθανάτ' Αφρόδιτα,
παῖ Δίος δολόπλοκε, λίσσομαί σε,
μή μ' ἄσαισι μηδ' ὀνίαισι δάμνα,
πότνια, θῦμον,

ἀλλὰ τυίδ' ἔλθ', αἴ ποτα κἀτέρωτα
τὰς ἔμας αὔδας ἀίοισα πήλοι
ἔκλυες, πάτρος δὲ δόμον λίποισα
χρύσιον ἦλθες

ἄρμ' ὐπασδεύξαισα, κάλοι δέ σ' ἆγον
ὤκεες στροῦθοι περὶ γᾶς μελαίνας
πύπνα δίννεντες πτέρ' ἀπ' ὠράνωἴθε-
ρος διὰ μέσσω.

αἶψα δ' ἐξίκοντο, σὺ δ', ὦ μάκαιρα,
μειδιαίσαισ' ἀθανάτωι προσώπωι
ἤρε' ὄττι δηὖτε πέπονθα κὤττι
δηὖτε κάλημμι

κὤττι μοι μάλιστα θέλω γένεσθαι
μαινόλαι θύμωι. τίνα δηὖτε πείθω
ἄψ σ' ἄγην ἐς σὰν φιλότατα;τίς σ', ὦ
Ψάπφ', ἀδικήει;

καὶ γὰρ αἰ φεύγει, ταχέως διώξει,
αἰ δὲ δῶρα μὴ δέκετ',ἀλλὰ δώσει,
αἰ δὲ μὴ φίλει, ταχέως φιλήσει
κωὐκ ἐθέλοισα.

ἔλθε μοι καὶ νῦν, χαλέπαν δὲ λῦσον
ἐκ μερίμναν, ὄσσα δέ μοι τέλεσσαι
θῦμος ἰμέρρει, τέλεσον,σὺ δ' αὔτα
σύμμαχος ἔσσο.


Così, su due piedi, proprio non saprei dire quanto io ci abbia lavorato alla traduzione di questo frammento, anche perché è il primo letto a scuola, in seconda liceo, quando si cominciano a studiare i frammenti dei lirici greci. Ed è pure il primo delle edizioni, visto che è l'unica ode completa di questa sublime poetessa, salvatosi miracolosamente dall'oblio dei millenni, dal naufragio di gran parte della letteratura greca. Dionigi di Alicarnasso ce lo conserva nel "De compositione verborum", opera che ho anche approfondito, quando frequentavo temporibus illis il corso di grammatica greca. Insomma, è un pezzo che medito su questi versi e adesso, rileggendoli, ho trovato diversi punti che farei in modo del tutto diverso, anche se ormai il dado è tratto, visto che il testo è pubblicato dalla Rusconi. A dir la verità, non ci speravo più, perché dal 2006 avevamo perso le tracce dell'editore, finché non siamo stati ricontattati. E uso il plurale, perché se io ho fatto la traduzione dei frammenti veri di Saffo, Camillo Neri, che insegna all'università di Bologna, ha curato tutto il resto (introduzione, commento e testimonianze). Oh, se devo essere sincero, io mi sono tenuto la parte più bella, quella della poesia veramente di Saffo; ma lo dico piano, sotto voce, perché nessuno mi senta. Del resto, in quest'ode si canta l'amore, si canta l'invocazione ad Afrodite, immortale figlia di Zeus che è capace d'intrecciare inganni, come i nodi dell'amore che legano indissolubilmente chi ama e chi è riamato. Ecco, prima dicevo che in alcuni punti cambierei tutto, ma un punto solo vorrei proprio rivedere, ed è quando traduco: "venisti sul tuo". In quel punto avrei dovuto usare un quinario, come in tutti gli altri punti. Oh, a dir la verità, anche qui lo è, perché lo voglio far leggere "venisti sùltuo" e così il vero valore è ripristinato. Stravolgere tutto il testo, così bello, con la sua invocazione, con l'ombelico - per usare un termine tecnico - in cui la poetessa ricorda i meriti passati e i pregressi interventi della dea in suo favore, per chiudere con il caso particolare di una ragazza riottosa che disdegna l'amore di Saffo... insomma, ogni tanto si vorrebbe l'aiuto divino per un caso disperato. Eh già, prima o poi dovrò fare pure Alceo: questo è un nodo che mi faccio al fazzoletto, perché l'altro grande poeta eolico, di Lesbo come Saffo, è proprio Alceo. E pensare che, nella mia ingenuità di liceale, avrei voluto laurearmi con una tesi su Saffo, perché Alceo era stato l'oggetto della tesi di laurea di Pascoli... già, Pascoli, il mio poeta preferito. Ma questa è un'altra storia.

Copyright (C) Federico Cinti 2018
Immagine: Particolare dell'anfora del IV secolo a.C. (opera del cosiddetto "Pittore di Afrodite") conservata al Museo archeologico di Paestum. Wikipedia

mercoledì 23 maggio 2018

Sogni e realtà

Nei sogni è tutto un po’ particolare,
noi per primi ovviamente, per l’intrico
impossibile quasi da sbrogliare
d’un illogico filo, che non dico,

persosi chissà dove tra le rare
gioie di un ben diverso Federico
capace ora di correre, abbracciare
non solo il polveroso mondo antico,

in cui s’è immerso senza indecisioni
per molto tempo della propria vita
traendo benefici o suggestioni,

ma tutta la realtà, vera, infinita,
quella fatta d’autentiche emozioni
da vivere così dita tra dita.

Casalecchio di Reno (Bologna), 24 novembre 2017



Sentirti tutto a un tratto come nuovo, diverso, ma solo perché hai adesso la capacità di volgerti indietro a quel che non sei più, riesci a vederti come se fossi un altro, è una sensazione strana, d'appagamento e di soddisfazione. Del resto, puoi capire quel che gli altri prima ti dicevano di te, ma senza che tu lo capissi. Certo, non significa rigettare quello che eri, ma capire quel che non sei più e che pure ti caratterizza, perché la tua storia rimane, è scritta dentro e fuori di te. Ecco i sogni ed ecco la realtà che popolano i pensieri di un giorno come quello di oggi che cambia vorticosamente, nel tempo e nello spazio, nel sole e nella pioggia; ma non importa, perché è la presa di coscienza del mutamento in atto, un po' come le metamorfosi, che spiegano del presente la trasformazione da ieri a oggi e forse per sempre. Lo scriveva anche Foscolo: «Non son chi fui, perì di noi gran parte». Mi pare, questa, una bella sentenza della consapevolezza del transeunte, perché nulla o quasi è dato per sempre.

Copyright (C) Federico Cinti 2018
Immagine: Photo by Pablo Heimplatz on Unsplash, https://unsplash.com/

martedì 22 maggio 2018

Tutto parla di te

Tutto parla di te, tutto mi dice
le meraviglie della tua bellezza,
di te, mia sola musa ispiratrice,
in quest’epoca gravida d’asprezza


in cui ogni cosa è solo superficie
traboccante di stolida fierezza,
tutto quanto di te mi fa felice,
di te, mia sola, unica dolcezza


tutto è riflesso in te, tutto dintorno
scolora mentre passi così assorta
nei tuoi pensieri e trema ogni contorno


come se tu, affacciandoti alla porta
del mondo aprissi quasi un nuovo giorno
e nulla dopo più, nulla più importa.


Casalecchio di Reno (Bologna), 22 maggio 2018


E quando sono triste o qualche cosa è andato storto, quando il giorno impone la sua insopportabile lunghezza per poi precipitare nella sera, quando tutto è d'un grigio plumbeo, allora, proprio allora penso a colei che mi dona una ragione vera per vivere e per sperare, perché in lei si riflette quella bellezza che non appartiene al nostro obliquo orizzonte limitato. E allora, solo allora l'animo ricomincia a volare, solo allora l'aria si fa più tersa, più pulita, e tutto riacquisisce il suo colore naturale, autentico, tutto è nuovo e dolce. Ecco, non importa più nulla della greve inerzia del giorno o del buio infinito della notte, perché il pensiero di lei mi viene a salvare, la sua voce è come musica che risuona in queste orecchie. Ed è la forza dell'amore che mi sostiene, ed è la forza dell'essere amato che rinvigorisce ciò che in me è arido. È un atto di gratuità l'amore che si prova per una donna incredibilmente bella, la cui grazia è un'aura che le trema intorno di chiarità. E questo rende l'anima felice.

Copyright (C) Federico Cinti 2018
Immagine: Mountain sunset, cjsimages, https://www.freeimages.com/

Santa Rita



Santa degli impossibili, speranza
di chi dispera senza via d’uscita
dal male indefinibile che avanza,

rifugio dalle angosce di una vita
che crea giustizie false e falsi miti,
che illude e disillude, santa Rita,

soccorri tutti gli uomini smarriti
nelle ore del pericolo, di’ loro
che non sono da soli, sono uniti


a Gesù, dolce balsamo, ristoro
del corpo e dello spirito, immolato
per salvare negli uomini il decoro


del vivere (o morire) più piagato
dal vizio, dallo sbaglio, dall’errare
da Dio, da sé, dagli altri nel peccato.


Patrona santa di chi vuole amare
Senza confine e senza distinzione
Chi lo ha, da sempre, voluto creare,


fammi accettare questa condizione
in cui vivo e in cui soffro come prova
di quest’amore senza paragone,


donami un nuovo spirito, rinnova
dentro di me la speranza e la fede,
dammi la carità che si ritrova


in Dio, che tutto sa, che tutto vede.

Casalecchio di Reno (Bologna), 22 maggio 2018


Era un profumo di rose tutt'intorno, di diversi colori mi ha detto la mamma, gialle rosse e bianche, e molte persone ne prendevano, già benedette, per sé o per i loro cari, come dono di bellezza, di dolcezza e di sollievo, come segno di fede e ringraziamento nel giorno solenne in cui si fa memoria di Santa Rita da Cascia, questa mattina, quando con Enrico, un mio carissimo amico e già compagno delle elementari, siamo andati alla parrocchia di Santa Rita appunto a Bologna in via Massarenti. Di solito andavamo in San Giacomo Maggiore, in zona universitaria, magnifica chiesa presso cui i padri agostiniani distribuiscono con letizia le rose di Santa Rita, la santa degli impossibili, della pace, della dedizione completa al Signore. Alle 10 poi abbiamo partecipato alla Messa, semplice e solenne insieme, fervida nella preghiera e umile nel ringraziamento. Uscendo dalla chiesa parrocchiale, una delle tante chiese volute da Giacomo Lercaro per la periferia di Bologna, un raggio di sole ci ha salutati benevolmente, quasi una carezza e un simbolo di speranza. Enrico del resto ci teneva particolarmente ad andare là, perché desiderava far benedire il suo taxi. e così è stato. E poi il rientro a casa: mi sentivo veramente leggero e appagato, come se assieme a noi ci fosse veramente santa Rita assieme a quelle rose che riempivano la macchina. E adesso andremo a portarle agli amici che le aspettano.

Copyright testi e foto (C) Federico Cinti 2018
Immagine: Simulacro di santa Rita da Cascia venerato nella chiesa madre di San Giovanni La Punta, Wikipedia.